Costruito in forme neoclassiche dall’architetto-pittore bussetano Giuseppe Cavalli, cui si deve anche la decorazione del salone. Verdi lo acquistò agli esordi della propria fortuna economica, nel 1845, e qui convisse dal 1849 al 1851 con Giuseppina Strepponi, generando lo scandalo dei benpensanti e un momentaneo offuscarsi dei rapporti con Antonio Barezzi, per la vita libera, le relazioni e i figli che ella aveva avuto in gioventù. Qui il Maestro compose le opere Luisa Milier, Stiffelio e Rigoletto. Nel gennaio 1867 vi morì Carlo Verdi.

La chiesa gotica e l’annesso convento francescano sorgono alla periferia sud-ovest del paese, dove furono edificati tra il 1470 e il 1474 da Pallavicino e Gianludovico Pallavicino, figli di Orlando il Magnifico.

All’interno, in una nicchia ricoperta di concrezioni rocciose, è custodito il Compianto sul Cristo Morto di Guido Mazzoni (1476-77), capolavoro della scultura emiliana del Quattrocento: otto figure a grandezza naturale in terracotta policroma, di cui due riconducibili per la fisionomia ai committenti, rese con straordinaria introspezione psicologica ed intensità emotiva, che il recente restauro (finanziato dal Ministero per i Beni Culturali) ha contribuito ad esaltare. Giuseppe Verdi frequentava questa Chiesa fin da fanciullo e il 6 gennaio 1836, nel clima acceso delle polemiche per il concorso a maestro di cappella della Collegiata, vi tenne un seguitissimo concerto d’organo. È quindi lecito pensare che abbia interiorizzato, per farli poi riaffiorare nella produzione musicale della sua maturità, il dolore silenzioso e la teatralità contenuta che il gruppo statuario esprime. Meritano una menzione anche l’affresco staccato con il Cristo caduto sotto lo croce di Nicolò dell’Abate (1543-44 cc) e la tela di Antonio Campi con Madonna e Santi francescani (1580 cc).

Il bussetano Pietro Pettorelli, che nel 1617 fondò il collegio dei Gesuiti, ne dispose l’ampliamento e la costruzione di una chiesa, i cui lavori terminarono nel 1862.

La facciata si coordina con quella del collegio, di ordine dorico, ma viziato dal gusto barocco del tempo. È interamente percorsa da portici, scanditi da lesene e un cornicione divide orizzontalmente il prospetto, che presenta finestre rettangolari alternate a lesene al primo piano. La parte alta della chiesa si sviluppa su un piano arretrato e un timpano tondo spezzato ne funge da facciata.

L’interno, di gusto barocco, è a navata unica con tre cappelle laterali per parte e fu interamente stuccato e decorato da Domenico Dossa e Bernardo Barca.

Gli affreschi attribuiti a Giovanni Evangelista Draghi raffigurano la gloria di S.Ignazio, di S. Luigi Gonzaga, di S. Francesco Saverio e di S. Francesco Borgia. Dello stesso autore sei dipinti a olio su tela entro cornici a stucco, sovrastanti le statue di alcuni santi gesuiti, presentano episodi di vita del fondatore dell’Ordine: la conversione di S. Ignazio nel castello di Lojola, il santo penitente a Monserrato, la sua vita ascetica di Manresa, il suo viaggio in Terrasanta, il suo apostolato e i suoi miracoli.

Quattro delle cappelle laterali sono affrescate a quadrature, forse da Giuseppe Natali, mentre le ancone lignee si devono a Vincenzo Biazzi. Tra le altre tele, in parte conservate nella chiesa collegiata di S. Bartolomeo, S. Giovanni Francesco de’ Regis di Clemente Ruta, Arrivo di S. Francesco Saverio nelle Indie di Giovanni Evangelista Draghi.

La pala dell’altare maggiore rappresenta la Gloria di S. Ignazio e si deve Pier Ilario Spolverini, copiata da Giacinto Brandi e contornata da una finta ancona rococò. I gesuiti furono espulsi dal Ducato di Parma e Piacenza da Ferdinando Borbone, con decreto del 3 febbraio 1768, convalidato dal papa Clemente XIV con bolla del 21 luglio 1773. Il collegio fu allora adibito a ospedale e ospitò anche le scuole pubbliche poi frequentate da Giuseppe Verdi.

Costruito fra il 1679 e il 1682 da Antonio Rusca, su progetto di Domenico Valmagini, architetto di Ranuccio II Farnese, è un esempio significativo di architettura farnesiana in epoca barocca.

La facciata è caratterizzata da grandi portici al piano terra, forniti di panche marmoree scolpite, nelle cui lunette erano due affreschi di Angelo Massarotti con Gesù deposto dalla croce e Martirio di S. Bartolomeo (1682), staccati e conservati all’interno, ora sostituiti da due graffiti. Il primo piano a stucchi presenta cornici mosse ed eleganti, che inquadrano le finestre con timpani arcuati e triangolari alternati.

Il Monte di Pietà fu fondato dai francescani e dai Pallavicino nel 1537 e assolse compiti benefici, assistenziali e si occupò dell’elargizione di borse di studio, del mantenimento della Scuola di Musica e della gestione della ricca biblioteca. Lo stesso Giuseppe Verdi frequentò la Scuola e poi fruì del sussidio, che gli permise di studiare a Milano presso il M° Vincenzo Lavigna tra il 1832 e il 1836.

Nel 1960 il Monte di Pietà si fuse con la Cassa di Risparmio di Parma mentre dal 2000 Palazzo e Biblioteca, sono proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e Monte di Credito su pegno di Busseto che continua generosamente l’osservanza degli scopi originari.

Adiacente alla Chiesa Collegiata è l’Oratorio della SS. Trinità, ove il 4 maggio 1836 furono celebrate le nozze di Giuseppe Verdi con Margherita Barezzi. La porta intagliata, datata 1794, è assegnabile a Francesco Galli. L’interno presenta deliziosi stucchi settecenteschi e uno splendido altare maggiore in marmi policromi (1749), nel cui retro è un bassorilievo con la figura e lo stemma del beato Rolando de’Medici (1464).

L’abside racchiude il capolavoro di Vincenzo Campi: la SS. Trinità con le Sante Apollonia e Lucia (1579).


Su prenotazione…

Verdi all’organo

per soprano e organo, durata 60 minuti circa
oppure
per organo solo, durata 60 minuti circa

Un concerto, un incontro esclusivo con Giuseppe Verdi e la musica del suo tempo

Il rapporto di Giuseppe Verdi con l’organo e con la musica sacra, che tanto incise sulla sua produzione operistica futura, fu strettissimo fin da subito. All’età di quattro anni, il giovane Maestro fu infatti avviato all’organo dal dilettante Pietro Baistrocchi, del quale prese il posto di organista nella Chiesa di San Michele Arcangelo a Roncole nel 1823. Due anni dopo, grazie agli studi con Ferdinando Provesi, – Maestro di Cappella e organista – ricoprì lo stesso incarico nella Collegiata di San Bartolomeo e in tutte le altre chiese di Busseto.
E, d’altra parte, strettissimo fu il legame del Maestro proprio con l’Oratorio della Santissima Trinità, in cui il 4 maggio 1836 sposò in prime nozze Margherita Barezzi, figlia del suo benefattore Antonio.
Ecco allora, in un concerto esclusivo, un intenso momento di dialogo tra un gruppo ristretto di spettatori e l’organista, per scoprire il rapporto tra Verdi, la musica sacra e quella del suo tempo.

Per info chiamare il numero 0524/92487 oppure scrivere all’indirizzo mail info@bussetolive.com

Riedificata dal 1437 per volere di Orlando Pallavicino il Magnifico, presenta nella facciata pregiate decorazioni in terracotta di gusto lombardo, ricorrenti negli edifici bussetani del Quattrocento, prodotte probabilmente nella bottega di Jacopo de’ Stavolis a Polesine (1480-90 ca) su modelli di Rainaldo.

All’interno, rivestito a metà Settecento di stucchi rocaille alla maniera di Fortunato Rusca e Carlo Bossi, sono conservati importanti dipinti dei secoli XVI, XVII e XVIII, tra cui quindici tondi con i Misteri dei Rosario di Vincenzo Campi (1576-1581 ca) e affreschi con imponenti figure di Dottori della Chiesa di Michelangelo Anselmi (1538-39). Rimarchevoli sono l’altare maggiore con figure e intagli a finto bronzo dorato, del cremonese Giovanbattista Febbrari (metà ‘700) e il coro neoclassico (1800-1805).

Eccezionale, ma attualmente non visitabile, è il Tesoro della Collegiata, costituito da sontuosi paramenti, corali miniati della fine del Quattrocento, da un piccolo trittico in avorio intagliato, ascrivibile agli inizi dei Quattrocento e attribuito alla bottega degli Embriachi e da splendide argenterie.

Di assoluto rilievo è la croce ostile in argento dorato, realizzato nel 1524 dagli orafi parmigiani Jacopo Filippo e Damiano Da Gonzate. Organista e maestro di cappella della Collegiata fu dal 1820 al 1833 Ferdinando Provesi. Alla sua morte l’appena ventenne Giuseppe Verdi sospese gli studi e tornò da Milano a Busseto, desideroso di succedergli, ma gli fu preferito – e senza concorso – Giovanni Ferrari di Guastalla.

In segno di protesta i membri della Filarmonica Bussetana, capitanati da Antonio Barezzi, rifiutarono di partecipare alle funzioni sacre e il paese si spaccò in due fazioni: pro e contro Verdi.

Degna di nota è la presenza, nella cappella di sinistra, del crocifisso originale preso a modello per il Cristo parlante nella fortunatissima serie di film incentrati sui personaggi di Don Camillo e Peppone, ideati dalla geniale penna di Giovannino Guareschi.

Di fronte alla Rocca, nello piazza principale dei paese, troneggia il monumento in bronzo a Giuseppe Verdi, opera dello scultore Luigi Secchi, inaugurato nel 1913.

Il Maestro, raffigurato in posizione seduta, sembra dominare quietamente con lo sguardo la vita del paese.

SI INFORMANO I GENTILI VISITATORI CHE
IL MUSEO E’ TEMPORANEAMENTE CHIUSO

 

A tre chilometri da Busseto, appena oltre il torrente Ongina, sorge Villa Verdi. È questa la dimora che il Maestro abitò negli anni della maturità. Essa, pur non appartenendo geograficamente alla provincia di Parma è intimamente legata ai luoghi verdiani di Busseto, intatta negli arredi e ricca di cimeli.

Nel maggio 1848 il Maestro acquistò nel villaggio piacentino un podere e, in un certo senso, richiuse un cerchio apertosi molti anni prima.

I suoi antenati erano infatti originari di quel paesino, ove dal 1596 erano piccoli proprietari terrieri, fittavoli e locandieri.

Nella villa, iniziata poco dopo il ’48 e proseguita a più riprese fin verso il 1880, abitarono sino alla primavera del 1851 i genitori, poi vi si trasferirono Verdi e Giuseppina Strepponi.

Da allora il Maestro vi passò tutta la vita, a parte i soggiorni parigini e gli inverni a Genova, occupandosi direttamente della conduzione del fondo.

Il corpo centrale conserva la struttura dell’originaria casa colonica, a cui furono aggiunte in facciata le due ali con terrazza e nel retro le serre, la cappella, le rimesse.

Circonda la villa un vasto parco romantico, ricco d’alberi anche d’origine esotica.

Della villa, oggi abitata degli eredi Carrara-Verdi, sono visitabili le stanze poste a mezzogiorno, con il mobilio originale in stile “Luigi Filippo” e arredi più antichi acquistati dai coniugi Verdi.

La prima stanza fu della Strepponi, la seconda del Maestro.

Tra i cimeli più significativi sono i pianoforti, il ritratto giovanile di Giuseppina eseguito in stucco dal Tenerani, autografi manzoniani, foto d’epoca, la biblioteca musicale di Verdi e tante altre memorie intensamente evocative.

Spicca fra tutte il capolavoro di scultura italiana del secolo XIX: il busto modellato in terracotta nel 1872 da Vincenzo Gemito, che ritrae Giuseppe Verdi meditabondo e ne rende plasticamente la fierezza, la volontà indomita, lo spirito di introspezione e riflessione.

Contigua allo spogliatoio è la stanzetta che custodisce il letto proveniente dal Grand Hotel et de Milan in cui Verdi morì il 27 gennaio 1901.

Il 7 giugno 2014 è stato inaugurato, all’interno delle antiche Scuderie di Villa Pallavicino, il Museo “Renata Tebaldi”, sede di un affascinante percorso sul patrimonio del melodramma italiano.

Il museo è stato voluto dal Comitato Renata Tebaldi di Milano, che per il bicentenario verdiano ha iniziato una proficua collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Busseto.

All’interno del Museo sono esposti oggetti, abiti, gioielli appartenuti a colei che Arturo Toscanini chiamò “Voce d’angelo” nonché documenti, immagini, testimonianze di celebri artisti e colleghi della Tebaldi.

Il Museo si prefigge non solo lo scopo di valorizzare il ricco materiale proveniente dall’archivio della celebre artista, ma anche quello di diventare un vero e proprio polo di attrazione musicale, di profilo storico e culturale, in grado di ospitare ulteriore materiale espositivo ed eventi di primaria rilevanza. In funzione dell’importanza di tali eventi, si prevede di adibire il cortile delle Scuderie di Villa Pallavicino a spettacoli estivi, quasi a creare un vero e proprio teatro all’aperto.

 

SI INFORMANO I GENTILI VISITATORI CHE

IL MUSEO E’ TEMPORANEAMENTE CHIUSO

 

A pochi passi dal complesso di Santa Maria degli Angeli, circondata da una peschiera quadrata e preceduta da un seicentesco padiglione d’accesso tripartito, ascrivibile all’architetto Domenico Valmagini, si erge la superba Villa Pallavicino, anticamente denominata “Boffalora” e popolarmente Palazzo dei Marchesi.

È tra le più splendide del Parmense, con pianta a cinque moduli a scacchiera che ricordano lo stemma dei Signori di Busseto. Essa venne iniziata nel secondo decennio del Cinquecento e fu pensata come residenza estiva su progetto impropriamente attribuito al Vignola. Fu in seguito ampliata e modificata nel tardo Seicento e nel Settecento, fin quasi all’Ottocento.

L’interno, con affreschi allegorici di Evangelista Draghi (1670-80 ca), Ilario Spolverini (in. 1700), Pietro Rubini (1746 ca.) e ornati in stucco di Carlo Bossi (metà sec. XVIII) ospita il Museo nazionale Giuseppe Verdi.

Le 27 opere del “Cigno di Busseto” sono rappresentate lungo un percorso storico con riproduzioni delle scenografie originali di Casa Ricordi e ricostruzione di ambienti ottocenteschi con le quadrirerie di Hayez. Sotto splendide luci teatrali, ascoltando le musiche immortali di Giuseppe Verdi, il visitatore percorre un suggestivo itinerario ideato dallo scenografo e regista Pier Luigi Pizzi.

Da Nabucco a Trovatore e Rigoletto, da Traviata ad Aida e Otello, da Macbeth a Falstaff, un’immersione onirica nella vita e nelle opere del grande Maestro.

I costumi delle eroine verdiane, il salotto di Verdi, la sala della musica, la sala della Messa da Requiem in onore di Rossini e Manzoni ne completano il percorso.

I leggii e le audio-guide in 4 lingue con testi realizzati da Philippe Daverio, offrono una visione storica dell’epoca, dei fatti e dei personaggi che hanno influenzato Giuseppe Verdi nella creazione delle proprie opere.

Le ampie sale del percorso rappresentano lo spazio ideale per le visite di scuole, gruppi ed associazioni.

L’incantevole Sala da Musica, con 100 posti a sedere, il pianoforte ed il grande schermo con proiettore ad alta definizione, è lo spazio polifunzionale per eventi e concerti, conferenze e seminari, matrimoni e cene di gala, presentazioni e workshops aziendali.

Il Giardino che circonda la Villa offre ampi spazi per il relax, ideali per le scolaresche, ma anche per eventi e spettacoli di ogni tipo.